Storia della donazione
L’idea di trasfondere il sangue di una persona sana in quello di un malato ha origine nel Rinascimento, quando l’alchimia e la magia cedettero il passo alla nascente scienza medica. Prima di allora il binomio sangue-vita era molto presente nella pratica magica: il sangue veniva dato da bere per ridare forza ed energia, bellezza e giovinezza.
Il primo tentativo accertato di trasfusione risale al 1492. Un medico ebreo dovette scappare da Roma dopo aver dissanguato a morte tre giovani nel tentativo di curare papa Innocenzo VIII, senza successo. Dopo quest’episodio, seguirono quattrocento anni di tentativi sporadici, che alternavano risultati disastrosi con benefici di scarsa rilevanza.
Bisogna aspettare il 1900 quando il medico austrico Karl Landsteiner scopre i primi tre gruppi sanguigni: A, B, 0, ed è grazie a questa scoperta che l'idea di compatibilità tra donatore e ricevente diventa un assioma della medicina trasfusionale. Egli osservò che mettendo in contatto il sangue di due persone si può verificare una reazione detta di agglutinazione, con fomrazione di aggregati di gloguli rossi e successiva distruzione, a dimostrzione dell'incompatibilità del loro sangue.
L'organizzazione della trasfusione deve molto ai due conflitti mondiali: dovendo porre rimedio alle emorragie ed effettuare interventi chirurgici al fronte, le tecniche trasfusionali vengono notevolmente migliorate. Nel 1923 nasce il primo centro trasfusionale francese.
Passano quasi 150 anni e nel 1818 il medico inglese James Blundell ottiene un successo insperato: una giovane affetta da emorragia post-partum riceve il sangue dal marito con la tecnica della trasfusione braccio-braccio. Un dato divenne certo: usando il sangue umano i rischi risultavano minori anche se risultavano altissime le possibilità di reazioni, spesso mortali.
Nel 1959 a Torino nasce la FIDAS.